Tematiche

ABBONDANZA ANIME INFERNALI Nei versi 3-6 in qualunque luogo ci si trovi e guardi, si vedono innumerevoli anime infernali (tema per esempio già trovato in If III, verso 9, dove sulla porta dell’inferno l’espressione “voi ch’intrate” sta ad indicare, oltre all’entrare senza Dio, anche la grande quantità di anime presenti nell’Inferno).

OSCURITÀ Nei versi 10-12 l’acqua è tinta (ossia sporca, nera, come si legge anche in If III, verso 30 “aura sanza tempo tinta”) e l’aere è tenebroso. Si notano altri esempi: in If XIX, verso 14, si legge: “piena la pietra livida di fóri”, dove livida è un latinismo per livor che significa odio (per i medievali chi serbava odio era “nero”); in If III, il verso 10 “queste parole di colore oscuro”, si riferisce a quelle parole scolpite sulla porta, tali o perché incomprensibili causa scarsa luminosità o perché difficili da decifrare.

DOLORE ANIME La pioggia di grandine e neve è definita maladetta, fredda e greve e quindi le anime sono costrette (secondo il contrappasso per opposizione) a rimanere a testa in giù in mezzo alla melma, in contrapposizione con i succulenti manicaretti che hanno gustato in vita.

ETERNITÀ Nei versi 7-9 le anime vengono colpite, come pena del senso, da una pioggia eterna, cioè che ha un inizio ma non una fine. Altri esempi si possono trovare in If III, versi 7-8: l’aggettivo “eterno” è diverso dall’aggettivo “infinito”, che corrisponde a Dio, in quanto l’infinito non ha né inizio né fine.

EMPATIA Nel verso 2 “dinanzi a la pietà d’i due cognati” e nei versi 58-60 si può notare come Dante sia addolorato e provi empatia per le anime di personaggi a lui vicini. Si può inoltre notare come in If V nel verso conclusivo Dante svenga per pietà.

POLITICA LEGATA A FIRENZE Nei versi 61-75 ha inizio la seconda parte, caratterizzata dal tono severo e sprezzante, in cui Dante, con le 3 domande a Ciacco, riguardanti quali saranno le azioni dei fiorentini, se fra questi vi è ancora qualcuno di giusto e qual è la ragione per cui Firenze è stata assalita da tanta discordia, profetizzerà i mali di Firenze. In primis Ciacco risponde che dopo una lunga battaglia i Bianchi e i Neri verranno al sangue: nelle calende di Maggio del 1300 davanti alla chiesa di Santa Trinita scoppierà la rissa tra guelfi neri e bianchi e a Ricoverino de' Cerchi, rappresentante di una delle famiglie bianche più importanti a Firenze, verrà mozzato il naso. Successivamente tra il 1300 e il 1303 i Neri prendono il potere, facendo esiliare Dante (1302) e nominando priore nel 1303 Corso Donati, il cui governo si baserà sulla repressione dei Guelfi Bianchi, in totale disaccordo con l'azione politica dell’exul immeritus. Il fautore della vittoria nera è papa Bonifacio VIII, accusato da Ciacco di indirizzare le sorti in mano ai Neri e acerrimo nemico di Dante (nel canto XIX il poeta farà profetizzare al papa simoniaco Niccolò III la sua futura dannazione). Bonifacio fu anche colui che chiamerà come paciere Carlo di Valois, consegnando Firenze in mano al potere dei Guelfi Neri. Ciacco successivamente risponde che giusti sono due ma non vengono ascoltati e tali possono essere: la giustizia divina e la giustizia umana (volendo intendere come i Neri governino a dispetto delle leggi e Dio), oppure Dante e Cavalcanti. Infine oltre all’invidia già citata, Ciacco aggiunge alle cause dell’acrimonia che vige imperterrita a Firenze la superbia (la cui allegoria è il leone) e la cupidigia (la cui allegoria è la lupa).

PENA MORALE In generale le figure politiche trattate da Dante sono alcuni Guelfi, altri Ghibellini ma il poeta ha un'alta concezione della pena morale: chiedendo a Ciacco dove siano queste anime, se in Paradiso (se il ciel li addolcia) o all’Inferno (se l’inferno li attosca), Ciacco gli risponde che tutte si trovano nell’Inferno, anche in cerchi molto più bassi, anche se sono state figure politiche ineccepibili. Dante quindi vuole comunicare con questi esempi che a salvare e a dannare è la colpa morale, quindi il comportamento mantenuto in vita da un punto di vista morale. Tale tema lo si può anche trovare in If XV nei versi 31-33, in cui Ser Brunetto, precettore di Dante, chiede a quest’ultimo se per caso potesse stare per un breve periodo con lui, trovandosi quindi in situazione opposta rispetto alla vita terrena, dato che Brunetto come precettore di Dante aveva una maggiore cultura.

GIUDIZIO UNIVERSALE La trattazione di tale tema avviene dal verso 94: Virgilio dice a Dante che Ciacco si sveglierà solo quando suonerà la tromba degli angeli, quindi con il giudizio universale, alla fine dei tempi. Infatti dopo questo l’anima si riunirà con il corpo glorioso, non quello fisico (la corporeità che quindi trascende la fisicità avendo le anime un corpo aereo-passibile). Tutte le anime andranno dove si trova il loro sepolcro, riacquisteranno la loro corporeità, si recheranno presso la valle di Giosafat dove udranno quello che rimbomba (verbo onomatopeico) in eterno, ovvero la loro sentenza. Infine le anime verranno rimandate nell’Inferno a soffrire. Dante per descrivere ciò si basa sulla visione aristotelica: infatti il filosofo parla di sinolo, che corrisponde all’unione di anima e corpo che si trovano all'interno dell’uomo. Durante la dannazione, i dannati così ricongiungendosi con il corpo raggiungono una maggiore perfezione e di conseguenza le anima beate saranno più beate e quelle dannate soffriranno di più. I dannati quindi hanno una maggiore perfezione ma comunque mantengono una perfezione minore rispetto a quelle beate perché non potranno mai vedere dio. Nell’If 13 nei versi 103-105 questa tematica viene nuovamente trattata: Pier delle Vigne afferma come sia giusto che i corpi delle anime dei suicidi dopo il giudizio universale vengano appesi a testa in giù, quindi impiccati, sugli alberi che fino a quel momento contengono la loro anima, e dato che questi in vita hanno cercato di liberarsi dal corpo, adesso non vi si possono più unire.
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A cura della 2°Classico A 2021/2022
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